Una breve guida per chi ha passione delle cose sommerse
Fotografare sott’acqua non è facile e di sicuro non è economico, ma fortunatamente non è più una cosa riservata ai professionisti. Le action cam, GoPro e simili, sono impermeabili fino a buone profondità e consentono di portare a casa delle immagini impensabili fino a qualche anno fa. Usandole con un po’ di fantasia e astuzia, permettono di raggiungere risultati anche molto buoni.
Iniziamo dalle basi e guardiamo i problemi che dobbiamo affrontare uno alla volta:
Se oltre alla fotocamera non mettiamo anche la testa sott’acqua, non riusciremo a vedere lo schermo, quindi inquadreremo alla cieca e nove volte su dieci si sbaglierà.
Molte action cam hanno la funzionalità WiFi per vedere in anteprima sullo smartphone, ma il WiFi e l’acqua non vanno d’accordo e il segnale si interrompe dopo pochi cm di immersione. Come risolvere la cosa? Due sono le soluzioni: il dome e il cavo.

Il dome è una semisfera in plastica che si usa per fare quelle belle immagini sul pelo dell’acqua in cui si vede il pescatore sopra e il pesce sotto. Ha il vantaggio di galleggiare e di tenere l’action cam semi sommersa, quindi di consentire al segnale wifi di raggiungere il telefono e di permetterci di guidare l’inquadratura. Oltre a ciò, elimina la distorsione dell’immagine data dal diverso comportamento della luce in acqua e nell’aria, ovvero quel fastidioso effetto lente che amplifica le dimensioni degli oggetti sommersi.

Il bello di questa tecnica è che si fondono due mondi, il sommerso e l’emerso, e si regala una prospettiva diversa e più coinvolgente alle nostre immagini. Personalmente sono un grande utilizzatore, e quindi anche un grande distruttore, di dome per action cam e li ritengo fondamentali nella fotografia di pesca.
La seconda soluzione è cablare il tutto: portare il segnale video su uno schermo esterno usando un cavo usb attaccato all’action cam di turno (e impermeabilizzando il tutto con un generoso uso di silicone nel case) o usando un cavo antenna per portare il segnale WiFi fuori dall’acqua. È una soluzione un po’ più macchinosa, ma permette di raggiungere profondità maggiori e aiuta a raggiungere punti nei quali anche l’immersione è esclusa, sia per eccessiva velocità e pericolosità delle acque, sia per profondità ridotte. Questa immagine è stata realizzata immergendo una GoPro cablata sotto una cascata e inviando i comandi dal telefono. Il vantaggio di questa tecnica è che il pesce tende a essere meno disturbato dalla presenza della telecamera e si riesce a trovarlo in situazioni più naturali.

Ovviamente è la pratica a fare la qualità, oltre alla fortuna, quindi incoraggio chi vuole provare queste tecniche ad armarsi di tenacia, di un palo telescopico più lungo possibile e di quel minimo di follia che serve per presentarsi sul fiume così equipaggiati.
Ora che abbiamo affrontato il problema di come non inquadrare alla cieca, passiamo alla seconda maledizione della fotografia subacquea a basso budget: scegliere tra foto e video. Qui la questione ha a che fare con un problema tecnico abbastanza comune, il ritardo nella trasmissione delle immagini. Succede che tra quello che vediamo a monitor e quello che succede davanti alla lente non c’è sincronia, quindi, quel bel pescione che avevate con tanta fatica scovato e inquadrato, con ogni probabilità da quando avete inviato il comando di scatto a quando la foto è stata scattata si è spostato di mezzo metro e ne avete fotografata solo la coda. Da qui a essere tentati di abbandonare l’impresa il passo è breve, ma fortunatamente il 4K viene in nostro aiuto.
Le action cam moderne filmano in 4K, se non 5K per chi ha dei soldi da spendere, con un bitrate (la quantità di dati per secondo) molto alto. Questo significa che ogni fotogramma può essere estrapolato e usato come immagine di risoluzione sufficiente all’uso web, 72dpi. Andare sott’acqua con un’action cam che sta filmando in 4K a 60FPS significa avere potenzialmente 60 foto per ogni secondo di girato, una quantità che ci permetterà facilmente di compensare al ritardo nella trasmissione e che catturerà anche cose di cui non ci saremo accorti per via delle dimensioni ridotte dello schermo dello smartphone.
Chiaramente le immagini non saranno della stessa qualità di quelle ottenute in modalità foto, ma tra una foto in alta definizione con mezzo pesce e una in bassa definizione con il pesce completo è meglio la seconda.
Action cam in modalità foto, un confronto tra modelli che riempie di ottimismo per il futuro.
Guardiamo due foto fatte nello stesso posto a distanza di anni. Quella qui sotto è una foto scattata con una GoPro Hero 4 black in un torrente montano cristallino, nel mese di luglio, a mezzogiorno, sotto una cascata. La Hero 4 è una piccola action cam, vecchia di ormai sette anni, e la qualità tecnica delle immagini non è certo a livelli professionali. C’è una grande aberrazione cromatica (quelle linee blu-viola attorno alle zone più chiare) e poca luce riesce a essere catturata dal sensore, anche andando sul fiume in una giornata di pieno sole. Il grandangolo non può essere più ampio di tot prima di generare vistose distorsioni ottiche, ma comunque i colori sono decenti e, posizionandola più in basso del pesce che si vuole fotografare, si riescono a trovare punti di vista interessanti che ci fanno scoprire aspetti nascosti della vita del pesce.


Secondo esempio, stessa cascata, cinque anni dopo, con la GoPro Hero 8 sempre in modalità foto. I colori sono notevolmente più realistici, senza più l’effetto caramellato del ProTune, tipico delle prime GoPro. Le bolle d’aria sono bianche e non più blue in generale l’immagine sembra più figlia di una fotocamera che di un’action cam. Per di più viene salvata in un formato raw, una sorta di negativo digitale, che permette di fare correzioni del colore in postproduzione, senza perdere in qualità. Il tempo passa, la qualità cresce, ma è sempre l’inquadratura a fare la differenza, più che la definizione dell’immagine. Questo significa che la resa dei colori migliora con l’evoluzione tecnologica, ma è sempre la nostra capacità di trovare i pesci, posizionarci in maniera da non essere visti, avere la pazienza, la capacità di capire quando scattare e il senso estetico di trovare l’inquadratura a fare la differenza.
Un’altra variabile che dovremmo tenere ben presente è quella della trasparenza dell’acqua. L’acqua resta trasparente dal ghiacciaio al primo strato di sedimento, poi va intorbidendosi sempre più, creando una foschia sempre più densa e riducendo la distanza alla quale si riesce a distinguere. Lo stesso succede al mare, dove quando si incontrano fondali fangosi o sabbiosi è più facile trovare sedimento che intorbidisce l’acqua.
La cosa più irritante è che guardando da fuori si ha l’impressione che la trasparenza sia più alta di quanto si scopre una volta immersa la telecamera. Generalmente non si hanno più di 3/4m di visibilità in una sorgiva di fondovalle, 7/8 in un torrente e una decina abbondante in un lago alpino, tutto in condizioni di massima trasparenza.
Qui la differenza vera la fa il bitrate, ovvero la quantità di dati per secondo che la nostra action cam è in grado di registrare, perché c’è da mettere le mani in postproduzione, ovvero con un programma di fotoritocco.
Guardiamo qualche esempio di scatti fatti in acque diverse, ma tutte trasparentissime, se viste da fuori.
Canon R5 – Mirrorless – Acqua di laguna


Canon 7D II – Reflex – Acqua di risorgiva d’alta pianura


GoPro Hero 8 – Acqua di torrente


A seconda della qualità del file di origine, è possibile recuperare colori e contrasto arrivando a buoni risultati che non sfigurano eccessivamente a confronto con fotocamere anche professionali. Chiaramente non ci si può aspettare le stesse performance in termini puramente tecnici (isolamento del soggetto, definizione dell’immagine ecc…), ma per un uso sui social o stampe di piccole dimensioni le immagini delle action cam sono più che buone.
Potremmo entrare nei dettagli del fotoritocco e delle tecniche per avvicinarsi al pesce, ma non basterebbero due numeri della rivista, quindi se vi interessa l’argomento e volete approfondire, scrivetemi pure su instagram @crobupics.
Grazie per l’attenzione e alla prossima.
Andrea Crobu